7.5.13

Gaber e Andreotti.

Gaber era quello che "Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona". Gaber era anche quello che: "Tutta la Democrazia Cristiana è responsabile di cinquant'anni di cancrena italiana". Gaber è persino quello che: "Uno ha detto che Andreotti è bravo e lì è cominciato il casino. Fammi capire, forse non stiamo parlando della stessa persona, non ce ne saranno mica due, eh?!". Gaber, infine, è quello che: "Il popolo italiano ha paura che se vincono troppo quelli di là viene fuori una dittatura di sinistra, se vincono troppo quegli altri, viene una dittatura di destra. La dittatura di centro, quella invece gli va bene...".
E giù applausi verso il Signor G., tutti in piedi a lanciare fiori, tutti ad applaudire, tutti a seguire le trasmissioni televisive che lo ricordano. Mi chiedevo perché brani come "Io se fossi dio", "La democrazia" e "L'audience" non le riproponessero mai in tv, tuttavia, pensavo, se Gaber è considerato tanto un idolo, saranno tutti d'accordo con quanto dice. Bene, bravo, bis. Muore Andreotti, riassunto respirante della Dc. Certo, penso, non piangeranno in molti per la non brava persona, per il responsabile della cancrena italiana, per il dittatore di centro. E invece sì, tutti i politici (centro, destra e perfino sinistra) a piangere, urlare e battersi il petto per la scomparsa di "un grande statista" (!). Ma come?
Forse è sufficiente che uno muoia perché tutti siano d'accordo con lui. Forse vale anche per Gaber e allora Gaber e Andreotti per la classe politica e l'italiano medio sono uguali. Siamo circondati da chi, oltre a essersi sporcato le mani, si sta sporcando la bocca. E noi che li guardiamo e ascoltiamo ci stiamo sporcando occhi e orecchie.
Sempre G.: "Mostrano sorridenti le maschere di cera/ e sembrano tutti contro la sporca macchia nera/ non c'è neanche uno che non ci sia invischiato/ perché la macchia nera... la macchia nera è lo Stato". Così è se vi pare, finché Andreotti sarà un "grande statista".
Buona rotolata nel fango, vi auguro una doccia.
Nonno Ciùe

6.5.13

Macao e Verdi15 Occupata: un paio di aggiornamenti.

[05/05/13] Macao compie un anno e occupa il Cinema Manzoni. Il collettivo Macao, dopo un anno ricco di occupazioni, sgomberi e rioccupazioni (al momento si trova all’ex macello di Viale Molise 68, a Milano), festeggia il suo primo anno occupando il Cinema Manzoni, che nel giugno 2006, come numerosi altri cinema e teatri della città, veniva chiuso e acquistato dalla multinazionale Prelios. Il vincolo all’uso esclusivamente culturale dello stabile venne ben presto eluso dalla multinazionale, la quale entro il 2015 trasformerà il Cinema Manzoni in uno dei più grandi centri commerciali del nord Italia. Storie ormai ben note, ma che ci riportano ogni volta a riflettere sulla violenza perpetrata nei confronti delle persone e del territorio da parte di spietati speculatori al servizio di un’economia sempre più ferocemente capitalista. Il programma della giornata prevede interventi musicali e video nello spazio, sulla storia del Cinema Manzoni e sulle ultime vicende relative a Macao; un’assemblea cittadina; serata con djset in galleria. 
Per info: macao.mi.it

[05/05/13] La Verdi Lab chiude per gravi problemi strutturali dell’edificio. I ragazzi e le ragazze della Verdi Lab (vicolo Benevello 4/b, Torino), ovvero il laboratorio artistico e culturale della Verdi15 Occupata, hanno preso la decisione di abbandonare la struttura in seguito al recente periodo di maltempo, che ha aggravato i danni all’edificio. Lo stabile, che già da parecchi anni versava in uno stato d’abbandono, nonostante i numerosi lavori di ristrutturazione messi in atto dalle ragazze e dai ragazzi occupanti, non garantiva più la sicurezza di chi viveva la Verdi Lab. Anche in questa vicenda, lampante è il fatto che ogni luogo tenuto chiuso è un luogo destinato a morire. I ragazzi della Verdi15 ci assicurano però che la lotta non si esaurisce nel luogo fisico, ma continua testarda a combattere per conquistare nuovi spazi, per sottrarli a chi si arricchisce sulle nostre vite. La Verdi15 la trovate in Corso Farini 20, sempre a Torino: cena popolare ogni due venerdì, aula studio aperta tutta la settimana dalle 9 alle 19, aula informatica e molto altro. 

C.H.

6.5.13

Un eunuco

 Alla tavola erano seduti in quattro. Uno, che sembrava il padrone di casa, era vestito di nero. Al suo fianco, altrettanto elegante, figurava un omuncolo in abito bianco. Dall’altro lato un tipo più giovane e ricoperto di panni dorati. Davanti a loro, quasi in disparte, un tizio completamente nudo.

“Beh, ci siamo tutti”, cominciò l’uomo in nero rompendo gli indugi.

“Si può cominciare” gli fece eco quello vestito di bianco, sorridendo.

“Stasera dovremo operare scelte importanti” si sentì dalla giacca tutta d’oro.

Il quarto uomo, si limitò ad annuire.

“Per il bene del Paese è giusto che facciamo dei tagli” continuò il padrone di casa.

“La crisi economica ci sta strozzando” fece il signore in bianco.

“Necessario fare qualche sacrificio” chiosò quello vestito in oro.

Il quarto, sempre nudo, annuì nuovamente. Stavolta abbassando leggermente il capo, in modo da celare un robusto sorso di saliva che deglutì amaramente e una mezza smorfia attraversò le strisce pedonali del suo viso.

Il discorso fu subito preso in mano dall’uomo vestito di nero. “Beh, certo, noi quattro siamo in questo Paese da centinaia di anni ed è giusto che siamo noi ad agire responsabilmente per tutti. Io sono Politica. Capisco: l’Italia non è certo famosa per la propria politica integerrima. Negli ultimi cento anni abbiamo avuto il fascismo, poi una prima repubblica che si è conclusa con valanghe di arresti e una seconda stagione che, fino a oggi, ha portato ancora disonestà e furberie e poi ancora arresti. Certo, gli altri Paesi non è che guardino me, Politica, con ammirazione. Però, mi sembra chiaro, non possiamo tagliare proprio me, sarebbe come gambizzare la patria, l’Italia ha bisogno di politica”.

“Giusto” confermò quello vestito di bianco.

“Naturale” ribadì quello d’oro.

“Non vedo alternativa” aggiunse l’oratore.

Poi tutti e tre si compiacquero dell’annuire del quarto invitato, prima che la parola passasse all’uomo dai panni candidi.

“Io sono Religione. Beh, io sono per forza di cose esente da tale provvedimento. Certo, anche per quanto mi riguarda, non sempre sono stato proprio d’esempio. Duemila anni di guerre sante non si possono cancellare e forse di gente che crede veramente nel messaggio che dovrei dare ce n’è veramente poca. Mi sembra lampante che non tutti i cittadini guardino me, Religione, con ammirazione. Però in fondo abbiamo eletto da pochi anni un nuovo Papa e mi sembra giusto che agisca indisturbato. Tagliare me sarebbe come mozzare le braccia al Paese, l’Italia ha bisogno di religione”.

“Per forza” commentò l’uomo di casa.

“Ci mancherebbe” disse quello vestito d’oro.

“Senza ombra di dubbio” si sentì di chiudere prima di cedere la parola, sistemandosi gli abiti bianchi.

Ancora tutti e tre aspettarono un cenno di intesa dell’uomo svestito, sorrisero e passarono le redini a quello che portava abiti dorati.

“Io sono Finanza. Beh, se vogliamo uscire dalla crisi, non sarò certo io a dover essere tagliato. Io, Finanza, sono la chiave che permette di uscire da questo tunnel. Ok, anch’io devo dire che l’Italia non si può proprio vantare a livello mondiale per la propria gestione del denaro, ma come si può credere di uscire dalla crisi senza il mio aiuto? Mi sembra ovvio che né i cittadini, né gli stranieri guardino a me, Finanza, con ammirazione. Però se non mi lasciate lavorare, potrete scordarvi il futuro. Tagliare me, sarebbe come far fuori in un colpo solo mani e piedi, l’Italia ha bisogno di finanza”.

“Nella maniera più assoluta” tuonò il vicino in nero. “Completamente d’accordo” rincarò quello in bianco.

“Mi sembra palese” terminò l’uomo dorato.

L’uomo nudo ammiccò nuovamente verso gli altri tre, ottenendo i loro sorrisi soddisfatti, prima di prendere la parola.

“Io sono il figlio di Cultura, uno dei pochi rimasti”.

“La signore dov’è?”

“Molto malata, moribonda dopo gli ultimi tagli”.

“Povera sfortunata…”.

“Io, Cultura, sono al contrario di voi uno dei pochi vanti della nazione. Tra chi mi ha costruito ricordo Leonardo Da Vinci, Dante Alighieri, Alessandro Manzoni, solo per citarne alcuni tra i più famosi. L’Italia può vantarsi con chi vuole per la propria cultura, difficilmente troverà un altro Paese che le tenga testa. Tutti, sia dentro sia fuori dai confini nazionali, guardano a me, Cultura, con ammirazione. Tagliare me, sarebbe come lasciare il corpo di una persona al proprio posto, risucchiandone dal dentro il pensiero, il cuore, l’anima”.

“Ma resterebbe il corpo per continuare a camminare avanti”.

“Non vedo dove sia l’utilità della cultura”.

“E poi, si sa, con la cultura non si mangia”.

L’uomo completamente nudo, non fece neanche in tempo a difendersi: oramai l’assemblea si era pronunciata e la decisione era stata presa.

“Credo che anche stavolta ci toccherà tagliare la cultura…”

“Ma, veramente, non c’è più niente da tagliare. Guardatemi! Sono nudo! Mi avete tolto tutto!” cercò di lamentarsi l’uomo, alzandosi in piedi per la disperazione e tentando di coprire le intimità con le mani.

“Beh veramente un’ultima cosa da tagliare ce l’avresti – puntualizzò il padron di casa – sposta quelle mani di lì, per cortesia”.

“Già, passatemi il coltellaccio” proseguì l’uomo vestito di bianco.

 “Ottima soluzione, così quantomeno non farà a sua volta dei figli da sfamare con la sua cultura…” disse quello in abiti d’oro.

I tre esplosero in una grassa risata.

Nonno Ciùe

30.4.13

30 Aprile 2013

A 5 anni dalla morte di Nicola Tommasoli (la notte tra il 30 aprile e il 1 maggio del 2008) provocata dalla stupidità fascista e dal rifiuto di una sigaretta. Il violento pestaggio ad opera di Perini, Veneri, Corsi, Dalle Donne e Vesentini. Nonostante le condanne, le buone famiglie degli assassini si lamentano: “ci stanno portando via i nostri figli”. 

A 5 anni dall’apertura del Cutty Sark a Verona, locale di ritrovo dell’estrema destra affiliata a CasaPound Italia, organizzazione fascista. A 4 anni dall’aggressione di uno studente legato al Metropolis da parte di uno studente di Blocco Studentesco, pseudo lista studentesca legata a CasaPound. L’episodio viene bollato come “rissa tra studenti” 

A 3 anni dall’aggressione di un ragazzo di 17 anni al bar TimeOut reo di indossare una spilletta con un simbolo antifascista. Volto tumefatto, due denti rotti (33 giorni di prognosi) ad opera di Ruffo (ex-rappresentante CasaPoundVerona ora eletto in III circoscrizione per la lista civica Tosi), Martina Poli (rappresentante Blocco Studentesco Università), Alessandro Gandini (rappresentante regionale Blocco Studentesco) insieme ad altre 3 persone. 

A 3 anni dalla presentazione all’Università degli Studi di Verona di “Nessun Dolore” di Domenico di Tullio, il libro racconta la storia di CasaPound tra fascismo, cinghia mattanza e ragazzini ignoranti e felici di esserlo nei quartieri bene di Roma Nord. In un Università blindata, un sabato pomeriggio, tra Digos alle porte e drappi neri alla lavagna. 

A 3 mesi dall’aggressione squadrista all’Università degli Studi di Verona durante la conferenza: “Foibe, tra mito e realtà” con la storica Alessandra Kersevan. In 30 con caschi e fumogeni assaltano l’aula t.4 al grido di “Tito Boia, vi ammazziamo tutti!” sono militanti di CasaPound, Blocco Studentesco, Forza Nuova e Lotta Studentesca. La prontezza di alcuni che riescono a chiudere in tempo le porte dell’aula, riesce a salvare i partecipanti della conferenza dall’attacco. A seguito dell’aggressione, Gianpaolo Romagnani (docente di Storia, garante dell’evento) viene sottoposto ad una commissione disciplinare. L’aula autogestita SpazioZero in concessione ad un gruppo di studenti viene sgomberata e ceduta all’aula disabili. Si inasprisce la burocrazia per gli studenti che vogliono richiedere un’aula: la richiesta dev’essere fatta 40 giorni prima direttamente al rettore. Ad oggi nessuna solidarietà (eccetto il dipartimento Tesis) per quanto avvenuto quel pomeriggio del 12 febbraio. 

Ad 1 mese e 9 giorni dalle duplici aggressioni al bar Malacarne e all’Osteria Ai Preti colpevoli di essere “locali di sinistra” all’interno di un “triangolo rosso” in Veronetta secondo il neo-laureato Marcello Ruffo che insieme ad altri camerati, in evidente stato di ebbrezza, prima minaccia il barista del Malacarne con un coltello (definito gadget goliardico da laurea) poi provoca una rissa ai Preti. Nonostante i colpevoli siano stati segnalati alle forse del (dis)ordine presenti, Ruffo e compagni vengono lasciati andar via. Il giorno seguente l’assessore Di Dio da la sua solidarietà a Marcello Ruffo nonostante le denunce in arrivo. Il sindaco Tosi consiglia a Ruffo di “chiedere scusa”. 

Anni

25.4.13

Io, come ogni 25 Aprile

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò di non rivedere più nazisti e fascisti.

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò di non vivere più in una dittatura.

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò di non vedere più oppressori ed oppressi.

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò cessate tutte le guerre imperialiste.

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò di vedere sciolti tutti gli eserciti del mondo.

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò di non diventare come lAmerica.

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò di non ritornare a lavorare in fabbrica.

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò finite le discriminazioni razziali.

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò finite le disuguaglianze sociali.

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò di vedere distrutte tutte le carceri.

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò di non vivere mai in una democrazia.

Festeggio chi, 68 anni fa, sapendo decaduto il regime nazifascista, sperò che nessuno si sarebbe affrettato a chiamarla liberazione.

C.H.

2.4.13

Cambi di serratura che ritornano

Era il 12 gennaio del 2009, quando nel cuore della notte venne cambiata la serratura dell'allora aula occupata 1.6. Sono passati poco più di quattro anni e il giochino del cambio di serratura e di sgombero si ripete. Ora come allora le giustificazioni dei piani alti sono evasive con un continuo rimbalzamento di responsabilità. Ciò che cambia però è che a differenza di allora, l'Auletta Spazio Zero non è stata occupata, è stata data in gestione ormai da un anno e mezzo a gruppi studenteschi e singoli studenti con la sottoscrizione di un regolare contratto. Messa più volte in discussione l'Auletta ha subito numerosi attacchi portati avanti da "rappresentanti degli studenti" e dalle dicerie di giornalisti poco informati e dediti all'informazione manipolata.
L'Auletta però ha sempre resistito, anche grazie all'appoggio di oltre 500 persone tra studenti (la maggior parte non appartenenti a nessun gruppo studentesco "Kollettivo", "zecche rosse" e via di stereotipi dicendo), dottorandi, professori e ricercatori. La leggitimità dell'auletta è passata anche in sede di Senato degli studenti che si sono espressi favorevolmente riguardo al suo utilizzo. Questa comunicazione non è però giunta ai piani alti e nello specifico al dirigente strutturato Salvini, che anzichè prendersi la responsabilità per il non essersi informato sull'esito della votazione in sede di Senato accademico, è bene ricordare che è stato lo stesso Salvini a delegare la continua concessione dell'auletta in sede di Senato. Probabilmente però Salvini sperava che venisse negato l'utilizzo dell'aula e forse è per questo che ha trovato questa banale scusa "non mi sono pervenute notizie in merito, quindi vi tolgo l'aula". Come al solito insomma la storia si ripete, nessuno si prende la responsabilità per atti scriteriati e che non trovano nessuna giustificazione.


Lasciateci entrare nei CIE