31.1.13

Parola-rimando perciò metafora, simbolo, esplicazione di un concetto. Parola derivante da “parabola”, ovverossì racconto allegorico confrontante perchè parallela (nel senso di “parallelare”) il proprio simile: essa così simula costui e simultaneamente lo affianca, lo segue a debita distanza. Corteggiamento o inseguimento? Per entrambi vale lo scarto del “paraballo”, quel gettare di fianco o lateralmente, o il più tenue porre vicino, quasi timido rispetto al primo mentre nebula un contrasto più casuale, che da metonimia sorge immagine. Se essa poi diventa scagliare avanti o contro, e poi affidare e abbandonare, eccola che elementa una casualità maggiore: l’affidarsi indica un non ricercare un fondamento, una causa, ma uno starnutire per fede. Non è forse per fede che la parola è nata, parola spiritata nello scarto con la carne del verbum? E non è sempre per fede che la parola insegna per confronto? Essa intenta didatticamente la curvatura della sua ricezione, iperbole o parabola, «la quale può essere diversa da tipo a tipo a seconda del ricevente che recepisce contestualmente e faticamente». Ma è metaforica, indi per cui matematicamente ad A corrisponde B. Mh...? La parola è simbola: si continuano ad accostare per moltiplicare insegnamenti e cose altre, violentemente o dolcemente a seconda del grado di malleabilità e disposizione a lasciarsi abbandonare dalla stupefazione. La parola ci consegna all’altro, insomma. Parliamo parole, ci scontriamo e ci affidiamo consegnandoci prigionieri. La parola si getta di lato, senza prendere la mira, per scontrare l’oggetto e farlo turbare attraverso onde che trapassano chi riceve e senza scampo lo improntano.

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