“Mi piacerebbe scrivere una storia,
perchè le storie sono simili alla vita.
Non danno spiegazioni
e non enunciano esplicitamente prese di posizione.
Ma hanno significati grandissimi,
che restano nascosti tra le pieghe degli avvenimenti
e i personaggi che si incontrano e che le popolano.”
Non guardo molta televisione. Ho iniziato col toglierla dalla camera senza comunque mai averla inserita nel mio tempo libero. Ora l'ho tolta dalla casa, e ne faccio volentieri a meno. Sono disturbato dalla sua irriverenza e non riesco a trattenermi dal sottolineare la sua stupidità quando la sento ronzare in sottofondo, così poco discreta. Un lunedì mi trovo in una casa con la televisione accesa. Sento delle parole insolitamente familiari provenire da essa, parole che ho già sentito, parole che conosco a memoria, parole che stanno dalla bellezza di sette anni ormai appese sul muro di camera mia, in un rettangolino che si sono ritagliate col passare del tempo tra le tonnellate di ricordi più o meno buffi, più o meno belli, più o meno importanti.
Avevo una professoressa al liceo che era una persona di valore, severa nelle cose giuste, che non tollerava l'infantilismo da teenager che caratterizza i quasi diciotteni del nostro secolo, che non faceva compiti facili e le sue domande erano complicate, perchè non era sufficiente imparare a memoria ed imitare ma bisognava ragionare, come nella vita. Una persona temuta per certi versi, ma entusiasta nello spiegare le cose che amava, appassionata degli outsiders e dei forerunners che popolano la storia e la letteratura, una persona con una visione critica e acuta della vita, che non giudicava le situazioni umane problematiche e apprezzava di gran lunga di più gli sforzi e l'interesse che il comportamento perfetto e diligente dei grandi studiosi con uno spiccato senso del dovere. Una persona che non avresti mai detto potesse commuoversi davanti ad una classe a cui, in un rapporto di odio e amore, con un netto ma mascherato predominio del secondo, aveva sempre dimostrato a modo suo di essere quello che in effetti era: una donna forte e determinata a battere la testa fino a sfondare il muro delle difficoltà della vita, per assaporare il sapore della consapevolezza di viverla a pieno e di emozionarsi in essa.
Questa persona, durante la sua ultima lezione dell'ultimo anno, ovvero prima che ognuno di noi lei compresa andasse per la sua strada, conclude un po prima la spiegazione e consegna a tutti una copia di uno stesso foglio. Sopra c'è una poesia e lei, dopo che tutti ne possiedono una, con la solita austerità si alza in piedi e senza bisogno che chieda il silenzio è pronta per cominciare a leggere. Capita però che la durezza della voce delle prime parole lette si modifichi a poco a poco in un timbro più leggero, più basso e confidenziale, e che si faccia sempre più tremolante fino a trasformarsi in un pianto privo di tristezza ma pieno di malinconia negli ultimi versi. Ricordo ancora il silenzio che ci fu dopo il punto finale. Un silenzio sincero, il primo che avesse mai ottenuto da parte di tutti lì dentro. Su quel foglio c'era una poesia, quella poesia che ora sta appesa nel rettangolino di camera mia dalla bellezza di sette anni, che mi ha fatto capire che la poesia è la grandezza della parola e non vuota forma, e me ne ha fatte leggere mille altre, dicendomi che per poter esprimere cose immense ci vogliono per forza poche parole, e che il loro accostamento apre immaginari, ricordi e sensazioni uniche in chi le ascolta.
Sono queste le parole che ho sentito lunedì alla televisione, accostate però alle immagini di un noto superalcolico.
Ed è per questo che ora sono qui a scriverne altre. Perchè voglio rendere loro giustizia. Per la loro bellezza, che è stata stuprata, per le generazioni a venire, che crederanno che queste siano di una nota pubblicità, per la storia che si portano dietro e che ho raccontato. Per il pianto sincero di quella persona. E per me, per il mio rettangolino impolverato e consumato da sette anni di sguardi e occhiate quotidiane, in miliardi di momenti di bisogno, di piacere, di tristezza e di felicità.
Teo.Théo
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