17.12.09

L'AUTORITA' E LA MASCHERA

"Ogni autorità è maschera; l'umanità si divide in persone, cioè in maschere e in semplici uomini che non significano niente". Fare l'esperienza dell'abisso che separa la maschera dall'uomo semplice, trattenersi in questo abisso: non a tutti è data questa opportunità, perché non tutti colgono facilmente la maschera che indossano - quella che qualcuno ha posto sul loro viso o che loro hanno deciso di essere, occultando surrettiziamente il quasi-nulla che essi sono. In quanto uomini.
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Fiera di Brescia: il tour de force carnevalesco del precariato mi obbliga ad indossare la maschera di un noto personaggio di un parco di divertimenti. Una mascotte rinomata, una vedette dello spettacolo in pelliccia sintetica verde, che non obbliga nemmeno il suo portatore a dover sorridere al proprio pubblico. L'unica regola a cui devo attenermi, in quanto supporto alla maschera, mi viene esplicitamente dettata da una dirigente: mai togliere la maschera di fronte ai bambini. [Anche lei sta recitando il suo ruolo. Ma si tratta di un altro carnevale, quello del business, del management: non è tanto questione di maschera, ma di marca, una marca che intacca il volto stesso che se ne rende supporto]. Mai levare la maschera in pubblico, mostrando così che un volto, un quasi-nulla troppo umano, respira là sotto. Il primo e unico comandamento, categorico (ne va del mio carnevale), dalla sua altezza imperiosa trascende ogni contingenza del momento, sia essa un principio di soffocamento, una forte carica dei bambini, qualche scherzo adolescenziale. Naturalmente posso sempre appartarmi nei camerini, riprendere fiato nel segreto, ma senza mai minare la pubblica e indiscussa autorità della maschera che mi è stata affidata. Dopotutto, che ne è della maschera stessa quando si è intravisto l'uomo comune, il quasi-nulla, che in quel momento si nasconde per portarla? Nulla. in questa sottrazione della maschera è tutto il potere dell'autorità, assieme a tutta l'efficacia della finzione, ad essere spazzati con un solo gesto.
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Ma la curiosità dei bimbi, si sa, non ha rispetto per alcuna autorità: il loro gioco è la profanazione resa gesto effettivo. Capita così che un bambino, spinto dall'irrefrenabile desiderio di toccare, scosti il sipario che mi nasconde, cogliendomi inaspettatamente nel momento di deposizione della maschera. Stupore reciproco, poi, uno scambio di sorrisi. "Allora sei tu ...?" "No, io sono Marco" "Ciao Marco, io sono ..., non esci da lì?". Deporre la maschera, accedere al quasi-nulla che si è già, nel momento in cui questo aspetto comune ci apre ad una solidarietà al di là di ogni rapporto. Senza alcuna autorità a deciderne i movimenti.
Marco

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