Istigato, invio il testo di un volantino che si sta distribuedo a Lecce in questi giorni. L'internamento nei CIE, come anche solo la mera esistenza di questi, non ha alcuna giustificazione medica, giuridica, politica e men che meno storica. La realtà che all'interno di queste mura si produce -grazie ad una struttura che la suggerisce e ad esercizi discorsivi che la legittimano- è una delle cose più deprecabili di questa società della cura. Quali sono le finalità dei Centri di Identificazione ed Espulsione? Quali sono i requisiti minimi per finirci internato? Quali le ragioni per rimanerci? Quali saperi si sviluppano -e a loro volta sviluppano- le pratiche al suo interno? E ancora, il CIE è un intervento a livello nazionale - o meglio europeo. Con quale pretesa si erigono le sue mura e si impongono le sue pratiche al di là di qualsiasi contingenza geografica e storico-sociale?
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Testo del volantino:
La contestazione di questo reato è il perno su cui è ruotato il  teorema accusatorio della Corte d’Assise d’Appello di Lecce, servito a  condannare per associazione sovversiva 12 anarchici, con pene comprese  tra un anno e cinque anni e cinque mesi. Siamo stati accusati di aver  istigato gli immigrati internati nell’ex CPT “Regina Pacis” di San Foca  affinché dessero vita a rivolte, evasioni, distruzioni del centro. È  convincimento utile allo Stato e ai suoi servitori quello di credere che  le rivolte nei CPT (ora chiamati CIE) siano frutto di un lavoro di  istigazione svolto da pochi sovversivi, e non già pratica endemica alla  stessa condizione di reclusione: quando un essere vivente è rinchiuso,  spesso si ribella. La storia dei CIE, dalla loro nascita nel 1998 ad  oggi, è la dimostrazione più chiara di questa affermazione.
Il “Regina Pacis” è stato un campo di internamento per stranieri  poveri come tutti gli altri campi. Al suo interno veniva praticata ogni  sorta di nefandezza: somministrazione massiva di psicofarmaci nei pasti  per sedare gli internati, pugno di ferro nei loro confronti, pestaggi  contro chi si ribellava o provava ad evadere. Non erano anomalie, né  pratiche svolte da poche “mele marce”, bensì prassi normale svolte da  tutti: dal direttore, don Cesare Lodeserto, ai carabinieri che erano di  guardia, agli operatori, passando per i medici che coprivano i massacri  sistematici con falsi referti medici. Tutto ciò è anche venuto fuori  pubblicamente, suscitando un po’ di scandalo e tanto imbarazzo nella  curia leccese che gestiva il centro e nel mondo della politica che lo  sorreggeva ideologicamente e lo difendeva pubblicamente. Affinché  calasse il silenzio su queste nefandezze e questo imbarazzo, è stato  necessario mandare don Cesare a fare il missionario per conto di Dio.  Ora è in Moldavia, dove continua a fare le sue porcate e a ingrassare i  suoi conti e quelli della curia.
Davanti ad uno scenario del genere, è l’esistenza stessa di questi  centri a rappresentare una “istigazione a delinquere”, perché non si  possono chiudere gli occhi davanti alla vita reclusa in quanto priva del  giusto documento in tasca, di fronte alle torture inflitte per mano  democratica e statale. Non si può tacere quando centinaia di disgraziati  periscono nel deserto, in migliaia annegano nei mari o muoiono sugli  scogli appena sbarcati, mentre altri ingrassano su tutto ciò in nome  dell’accoglienza. Chiunque dovrebbe sentirsi istigato davanti ad una  situazione del genere, per fermare questo abominio. Chi non lo fa e  resta nel silenzio si rende complice, come la maggioranza silenziosa dei  tedeschi era complice di Auschwitz. Noi abbiamo raccolto questa  istigazione e abbiamo reagito, e la discriminante non è stata il codice  penale, bensì l’etica individuale.
Essere sovversivi, di fronte a tutto ciò, è davvero solamente il minimo…
Sovversivi senza Associazione 
Lunedì ore 17, Ateneo dell’Università di Lecce, Aula B1
Non abbiamo un avvenire da vendere, solo un presente in cui giocare
Lotta ai lager, vendetta statale, strategie repressive e urgenza della rivolta.
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