22.12.09

Pagina/BLOCK/13/It


ORA Falling Under Sunspension Pagina/13 Bridge

PAST/13 [
arrangiato da Odetta e Maurice - Redazione]

17.12.09

ALLEGORITMO

Ieri, il Reclaim Power a Copenhagen ha costruito un'assemblea al di fuori dello spazio del COP15. La polizia ha tentato di impedire ciò. Il mattino presto, multiple marce hanno cercato di creare percosri nel Bella Centre (salotto COP15). Nonostante gli accrediti, le persone di Friends of the Earth, Avaaz e Via Campesina non hanno avuto accesso all'area di COP15. Ha inizio un sit-in ed una forte protesta degli indigeni di Via Campesina. Poi, i protestanti irrompono all'interno del COP15 ed espongono lo striscione "Climate Justice Now!"
Arrestato Tadzio Mueller. [candidato dottorato in relazioni internazionali all'University of Sussex] Lunedì pomeriggio, pochi minuti dopo aver lasciato il Bella Centre, dove aveva contribuito ad una conferenza stampa per la presentazione del Reclaim Power. La conferenza stampa comprendeva Dorothy Guerrero (Focus on Global South), Beverley Keene (Jubilee South), Stine Green Johannsen (CJA), Wahu Kaara (People's movement on Climate Change), Yvonne Llanos (Oilwatch South America), e Dioniso Cabrera (Bolivia Indigenous People's Movements).
Allegoritmo. E' un percorso a frammenti sequenziali, in una narratività. Il racconto. Ciò che arriva da Copenhagen. Righe nere su Pagina/13 (Attraverso Indymedia Denmark). Ma cosa significano ora i blocchi delle forze armate? L'arresto di un dottorato in Bella Centre. Gli striscioni che espongono 'giustizia climatica', le strade e le piazze di Copenhagen, in questo stesso istante in cui leggo. Io passo gli occhi sopra queste parole. E intanto, Copenhagnen. Ciò che accade, mentre leggo. Allegoritmo, connessione di frammenti.
Rughe

17.12.09

L'AUTORITA' E LA MASCHERA

"Ogni autorità è maschera; l'umanità si divide in persone, cioè in maschere e in semplici uomini che non significano niente". Fare l'esperienza dell'abisso che separa la maschera dall'uomo semplice, trattenersi in questo abisso: non a tutti è data questa opportunità, perché non tutti colgono facilmente la maschera che indossano - quella che qualcuno ha posto sul loro viso o che loro hanno deciso di essere, occultando surrettiziamente il quasi-nulla che essi sono. In quanto uomini.
***

Fiera di Brescia: il tour de force carnevalesco del precariato mi obbliga ad indossare la maschera di un noto personaggio di un parco di divertimenti. Una mascotte rinomata, una vedette dello spettacolo in pelliccia sintetica verde, che non obbliga nemmeno il suo portatore a dover sorridere al proprio pubblico. L'unica regola a cui devo attenermi, in quanto supporto alla maschera, mi viene esplicitamente dettata da una dirigente: mai togliere la maschera di fronte ai bambini. [Anche lei sta recitando il suo ruolo. Ma si tratta di un altro carnevale, quello del business, del management: non è tanto questione di maschera, ma di marca, una marca che intacca il volto stesso che se ne rende supporto]. Mai levare la maschera in pubblico, mostrando così che un volto, un quasi-nulla troppo umano, respira là sotto. Il primo e unico comandamento, categorico (ne va del mio carnevale), dalla sua altezza imperiosa trascende ogni contingenza del momento, sia essa un principio di soffocamento, una forte carica dei bambini, qualche scherzo adolescenziale. Naturalmente posso sempre appartarmi nei camerini, riprendere fiato nel segreto, ma senza mai minare la pubblica e indiscussa autorità della maschera che mi è stata affidata. Dopotutto, che ne è della maschera stessa quando si è intravisto l'uomo comune, il quasi-nulla, che in quel momento si nasconde per portarla? Nulla. in questa sottrazione della maschera è tutto il potere dell'autorità, assieme a tutta l'efficacia della finzione, ad essere spazzati con un solo gesto.
***

Ma la curiosità dei bimbi, si sa, non ha rispetto per alcuna autorità: il loro gioco è la profanazione resa gesto effettivo. Capita così che un bambino, spinto dall'irrefrenabile desiderio di toccare, scosti il sipario che mi nasconde, cogliendomi inaspettatamente nel momento di deposizione della maschera. Stupore reciproco, poi, uno scambio di sorrisi. "Allora sei tu ...?" "No, io sono Marco" "Ciao Marco, io sono ..., non esci da lì?". Deporre la maschera, accedere al quasi-nulla che si è già, nel momento in cui questo aspetto comune ci apre ad una solidarietà al di là di ogni rapporto. Senza alcuna autorità a deciderne i movimenti.
Marco

17.12.09

17.12.09

SAGOME LAST/13

Stavano davanti alla mia finestra. Tre sagome, nere. La luce alle spalle, negli appartamenti, tracciava i contorni del nero di cui erano fatti i loro corpi. Ombre. Due stavano sotto, le mani protese. Un individuo era invece sospeso un paio di metri sopra. Un'altra stanza. Un'altra luce. D'improvviso la finestra di sopra perse l'illuminazione. Non so come udivo il suono dell'orologio. Poi la luce viene accesa, la stanza dell'individuo è visibile. Il suono dell'orologio continua, e dietro l'incavo della finestra, sono ora due le figure nere che si ergono in piedi. Dritte ed immobili, sento una voce: "il lampione brucia di notte". Non ho il coraggio di abbassare lo sguardo sulla finestra di sotto.
***
Continuano a risuonare quelle parole nella mia testa. "Il lampione brucia di notte". Sento il dolore del rumore di quelle sillabe. Abbasso alla fine lo sguardo. La luce dell'appartamento si è spenta. Non vedo più le due sagome. Buio. Niente. In un secondo. Qualcuno chiama alle spalle. La mano pesante preme nella lana della giacca che porto addosso. Il cuore palpita nello stesso istante in cui mi volto ed incontro il volto di un uomo a pochi centimetri dalla mia faccia. I baffi e gli occhi stretti. Il naso premuto in un attimo contro il mio. Poi in una vibrazione violenta. Il suo urlo. "Hanno deciso di canellare il mio nome!" Una sola esclamazione. Un gemito veloce. E poi silenzio, di nuovo, con il vento, e quella figura retta sulla finestra superiore. La luce gialla alle spalle. E rabbia in corpo. L'ultimo sospiro prima di un pianto ininterrotto.

17.12.09

POMPIERI & PIROMANI

“partono tutti incendiari e fieri ma quando arrivano sono tutti pompieri”.. a guardarli bene, dal basso verso l’alto, dalla platea ad un palco, sembrano davvero fieri e incendiati; ardenti, vivi e animati da un fuoco incontenibile con una propulsione che contrasta con la staticità, la mancanza di Azione e la sonnolenza di chi, con sguardo ebete, guarda. E così non è difficile incendiare il cuore e gli animi di una folla. Ovviamente la scintilla non è duratura, l’incendio è solo inizio, non è fuoco..la folla applaude, ride, ghigna, si risveglia con frasi-coridastadio-parolacce-offese che il Sig. Buon Costume non gradirebbe, ma evidentemente ora vacanza. Il popolo-sovrano-spettatore ormai totalmente assopito tende l’orecchio e sente, senza però ascoltare veramente, poche battute-slogan e così facilmente si incendia, tanto è uno sforzo breve e momentaneo e che lo fa sentire partecipe della vita politica di questo paese. Chiude di nuovo occhi, orecchie, annulla i sensi e mentre dorme si dimentica di tutto, perde la memoria e non è desto mentre tutto accade lì fuori dalla sua finestra; pochi gli insonni, negli angoli, nelle piazze, e insieme fanno la Politica. Il popolino si risveglia smemorato, rincoglionito ed è pronto di nuovo ad applaudire senza né memoria né cognizione. Rimane solo la scia, una sensazione appena appena percettibile, un sentimento che non riesce a motivare ma che ormai senti suo,una convinzione ostinata di essere nel giusto (e se tu hai ragione tutti gli altri hanno torto, logico) senza tesi, un pensiero di cui vorrebbe rivendicare la paternità intellettuale, ma non si ricorda di aver assorbito passivamente..dormiva. Quelli sul palco, loro che stanno in alto, lo sanno e così alzano la voce, fanno promesse insostenibili, esagerano, puntano in alto..s’incendiano e poi quando tu vai a dormire cullato dalla televisione loro tornano pompieri, metto giù il fiammifero e prendono un estintore. Tanto domani è un altro giorno, e così nessuno si ricorderà di Bossi mentre diceva: “Berlusconi è l’uomo della mafia” (http://www.berluscastop.it/_und/silvio_it4.htm), forse meglio così troppa incoerenza manifesta alla lunga crea disagio..Auguro a tutti una buona notte, dimenticate tutto quello che leggete, domani al risveglio vi sentirete meglio..
Gaetana

15.12.09

VISIONI

In Sicilia c'è un uomo. In Sicilia c'è un uomo che ha preso coscienza di com'è il mondo e di quanto noi razza umana ci stiamo impegnando per distruggerlo. Quest'uomo, anziché lottare inutilmente o fregarsene di tutto ciò come la maggior parte delle persone fanno, ha deciso di dipendere solo dal sole. Quest'uomo si è comprato un terreno in Sicilia, con la sua sorgente dell'acqua, i suoi campi da coltivare ed energia fornita dal sole. Quest'uomo fa il fattore per vivere, vive con la sua famiglia in mezzo alla natura e riesce a vivere senza stenti, grazie ai frutti della sua terra. Questa persona ha deciso di impegnarsi a non inquinare più di quanto non dovrebbe fare una singola persona in un anno. Ha deciso di essere così rigido nel suo intento, da seguire una tabella di marcia, annotandosi giorno dopo giorno i km che percorre con la sua auto e calcolandosi la quantità di CO2 emessa, in modo da non superare la quantità massima annua consigliata.
Quest'uomo ha un sogno, ed è quello di visitare il Sud America, ma è da quarant'anni che aspetta di realizzarlo perché aspetta l'occasione giusta per farlo, aspetta che ci sia una nave in grado di portarlo nel momento giusto, aspetta una nave, non un areo, quello inquina troppo. Lui aspetta, perché secondo lui da sempre viaggiare è stato qualcosa di difficile e faticoso e soltanto negli ultimi tempi, grazie alle grandi macchine inquinanti è diventato facile. Facile sì, ma a discapito della salute della Terra, e quindi della nostra.
Quest'uomo è stato coraggioso a rinunciare a tutte le comodità inquinanti della tecnologia e, soprattutto è un esempio estremo visto che oramai penso quasi nessuno rinuncerebbe al piacere dei nostri confort. Basta però poco ad inquinare di meno, bastano piccoli accorgimenti che sono comunque piccoli passi verso un mondo migliore e più pulito, più vivibile.
Matte

15.12.09

Copenhagen: rimbalzi tra sabato 12 e domenica 13


Alcune traduzioni sparse lungo Indymedia Denmark

Prologo. Copenhagen (Danimarca), 7-18 dicembre, COP15. Ciò che accade nella città: la conferenza delle Nazioni Unite sul clima. Obiettivo: ridurre l'inquinamento ambientale tra il 2013 ed il 2020. Spettri si muovono.
Sabato. Il Flood for Climate Justice Demonstration [Straripamento-Dimostrazione per la Giustizia Climatica] accoglie i dimostranti del Global Day of Action. Nel movimento del corteo, la polizia interviene caricando e tagliando fuori alcune centinaia di persone. Per le cinque, i fermati vengono legati ai polsi e obbligati a sedere a terra. A seguito degli arresti di massa, emergono alcune testimonianze. Se ne riporta qui un resoconto:
"Racconti di persone recentemente rilasciate dal centro di detenzione di Valby [quartiere sud-ovest Copenhagen] documentano le inumane condizioni come 'just less than horrific.' Le celle erano sovraffollate, quindi la polizia ha legato alcune persone nelle panche dei corridoi. L'accesso ai servizi è stato vietato e quindi le persone sono state costrette a sporcarsi. I volontari delle cucine del popolo chiesero di poter portare del cibo alle centinaia di prigionieri, ma questo fu negato."
Domenica. Le principali azioni attorno al COP15 (15th United Nations Climate Change Conference) per il 13 dicembre sono (state) Hit the Production at the Harbour [colpire la produzione al porto] e Via Campesina. I dimostranti di Via Campesina hanno costruito un teatro di strada: contadini e commercio. Lungo il porto camminano i protestanti alle spalle dello striscione Our planet not your business, lasciando informazioni sugli arresti di sabato. La polizia cammina attorno i dimostranti del porto, ed in un'ora dall'avvio del corteo, li blocca e circonda. Cominciano gli arresti ed arrivano i camioncini per il prelievo dei dimostranti.
Mentre Ban Ki Moon, segretario generale ONU, sostiene la forza di un "accordo solido ed immediatamente efficace", da Via Campesina, dal porto, e nel movimento di sabato, i dimostranti gridano un Campio di Sistema piuttosto che un Cambio Climatico.
Facendo riferimento agli Spettri di Copenhagen, si attraversa il carcere di Valby, le strade, e le piazze percorse dalla scia del Global Day of Action. Se il COP15 raggiunge un piano d'accordo per la riduzione dell'inquinamento ambientale, se il teatro dei ruoli di governo di Copenhagen non gratta i nervi di chi ne legge, l'aria la respiro io ora, leggendo. (continua)

15.12.09

RuBaRe, RUbaRE, ruBAre, rUbArE, RUBare, rubAre, RUbaRE, ruBAre, RUBARE..

Quando ricominceremo ad indignarci?
RUBARE..prendere di nascosto o con violenza ciò che appartiene ad altri. Due donne hanno rubato. Due casalinghe di 53 e 55 anni hanno rubato. Due signore hanno rubato 165 euro di spesa al supermercato Alì. Le due ladre sono state portate nel carcere femminile della Giudecca martedì mattina perché hanno rubato. Le due ladre sono state scarcerate ieri mattina in attesa del processo con rito direttissimo, vista la flagranza, per rispondere del reato di furto aggravato. Le due ladre hanno compiuto il loro furto a Dolo (Venezia) ma sono di Marghera. Marghera..Porto Marghera è una di quelle zone d’Italia, come ce ne sono altre, in cui la vita delle famiglie dipende interamente e gira attorno dall’industria pesante, ed è a rischio proprio perché vive gomito a gomito con il Petrolchimico e con l’inquinamento prodotto da tutto il Polo Chimico. A Marghera la crisi non è qualcosa che si sente in televisione o si legge sui giornali, non è lo spauracchio annuale di cui tutta l’Italia si riempie la bocca, non è una fase passeggera in cui tirare la cinghia; ma è una situazione reale e concreta che da anni schiaccia le famiglie-dipendenti da questo tipo di industria che sempre più spesso ha fatto l’occhiolino all’estero. RUBARE..non necessariamente si riferisce a qualcosa di fisico, ma è rubare anche la sicurezza di arrivare alla fine del mese con uno stipendio, è rubare togliere la certezza di un lavoro e sostituirlo con la cassa integrazione. Ma non si può arrestare e processare nessuno in direttissima per questo furto. E così la notizia uscita su La Nuova di Venezia e Mestre, ripresa da La Repubblica, sottolinea la sorpresa per questo gesto e le due donne perdono il loro ruolo di donne e si trovano etichettate come ladre e quindi normalmente detenute per quattro giorni in carcere. Nessun tentativo di avvicinarsi.. “Non c'è volontà di comprendere e questo corrompe la società, cui riesce più semplice credere che i buoni son qua e i cattivi là”. Neanche l’ombra del misfatto sul Il Giornale, coerentemente con quanto pensa il suo direttore, il quale ritiene che «i media disegnano una realtà tragica: disoccupati, gente che muore per strada. Adesso, io non ho mai visto cadaveri per strada. Anche i giornali, non segnalano cadaveri. Ma allora se non riesci ad arrivare alla fine del mese, perché non muori?».
E adesso imparo un sacco di cose in mezzo agli altri vestiti uguali tranne qual'è il crimine giusto per non passare da criminali. C'hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame.
Marlene

15.12.09

SAGOME [1/3]


Stavano davanti alla mia finestra. Tre sagome, nere. La luce alle spalle, negli appartamenti, tracciava i contorni del nero di cui erano fatti i loro corpi. Ombre. Due stavano sotto, le mani protese. Un individuo era invece sospeso un paio di metri sopra. Un'altra stanza. Un'altra luce. D'improvviso la finestra di sopra perse l'illuminazione. Non so come udivo il suono dell'orologio. Poi la luce viene accesa, la stanza dell'individuo è visibile. Il suono dell'orologio continua, e dietro l'incavo della finestra, sono ora due le figure nere che si ergono in piedi. Dritte ed immobili, sento una voce: "il lampione brucia di notte". Non ho il coraggio di abbassare lo sguardo sulla finestra di sotto. (continua)

9.12.09

Assopiti

Generazione di dormienti svegliatevi! In un contesto universitario in cui si presuppone che ci siano persone dalla mente aperta e con voglia di fare, l'ateneo veronese non propone questa situazione. A farla da padrone infatti è una generazione di studenti assopiti, focalizzati solo su se stessi e con poca voglia di lasciare un'impronta. Come se l'università fosse solo un luogo di passaggio in cui imparare esami a memoria ma, soprattutto si vede l'università come un luogo in cui intensificare la propria vita sociale al fine di coricarsi nel talamo di qualcuno. Per fortuna però c'è qualcuno che si è destato dal torpore del dolce far niente, ne sono un esempio i più conosciuti Fuoriaula e Pass. Da oramai un anno è entrata anche Pagina/13 nei corridoi universitari, con il tentativo di smuovere qualcosa, di svegliare le menti dei lettori. Pagina/13 non è una nicchia, una congrega o un circolo segreto riservato a pochi. Pagina/13 da la possibilità, a chiunque voglia, di dare risalto e visibilità alle proprie idee e ai propri pensieri. La speranza è che non tutti i "passanti" del nostro ateneo siano dei nichilisti ma, ci sia anche qualcuno con voglia di fare, con la voglia di lasciare un segno o più semplicemente di vedersi pubblicato un qualcosa di proprio. Perciò tu lettore svegliati dal torpore, Pagina/13 di da la possibilità di farlo.
Matte

9.12.09

Un silenzio dei Coen

Concepite per suscitare sensazioni particolari attraverso una finzione, le montagne russe portano in s'è lo stesso meccanismo del cinema. Lo schermo ci chiede di stare al gioco delle immagini: insieme all'altoparlante saranno loro a creare situazioni, circostanze, atmosfere – ossia l'architettura delle montagne russe. A quel punto non si dovrà fare altro che sedersi e lasciarsi trasportare, nella consapevolezza che ciò che si sta facendo è un gioco e in quanto tale meriterà una risata.

Ma quando lo schermo piuttosto che come gioco viene preso sul serio, come realtà, la cognizione del reale si capovolge. Tu sei ancora su quella montagna russa, ma dai tuoi occhi l'inesorabile caduta è maledettamente vera - basterebbe forse questo per una riflessione sui telegiornali.

In una società nella quale l'occhio è diventato il senso cruciale dell'esperienza, il reale viene reinventato in forma metaforica, a scapito della costruzione metonimica che implica un vissuto. L'intera vita vien fatta scorrere, tesa verso la tranquillità, verso la ricerca di una pace che ci faccia “sistemare”: una casa, un lavoro, come il vecchio benzinaio. Una vita guidata dall'immagine di una vita, cercando di farla combaciare senza troppi vissuti collaterali. Senza che le sensazioni possano aver troppo gioco in un progetto molto più grande di loro: la creazione di abitudini. Così si preferisce farsi emozionare da immagini, che è molto meno rischioso di un coinvolgimento in prima persona - in prima carne. Anton scardina tutto questo con una domanda: testa o croce? Imbarazzo, disorientamento, paura: le prime sensazioni di un corpo crudelmente spogliato della tranquilla abitudine e forzatamente portato ad una scelta che ponga come posta in gioco tutto: la vita, il corpo, la carne. Forse invecchiare con lo schermo significa saldarsi una corazza d'abitudine sulla schiena. Forse è per questo che non è un paese per vecchi. E forse i fratelli Coen hanno scelto di non mettere alcuna colonna sonora per lasciare che le immagini – coi dialoghi-didascalia – palesino il fatto che l'occhio non riuscirà mai ad essere il senso cruciale dell'esperienza. Almeno finché a deviare lo sguardo non sarà solo l'eccesso di luce, ma anche il gelo della notte.

ale

9.12.09

WuMING (-Building-)



WU MING Building. Si tratta della costruzione di un discorso che collega due scritti: Spettri di Müntzer - New Italian Epic, e l'intervento a Torino per la discussione-Altai (romanzo-novembre2009). "Ciò che Müntzer significa per noi. Il suo fantasma non smise mai di apparire nelle strade che percorravamo." Resta qui insipiegata la fisionomia di Thomas Müntzer, su questa Pagina/13. Il tenue bagliore che si proietta (qui) sul suo nome è (come sopra) proiettato da coloro che ne narrarono in Q (Luther Blisset). "Siamo l'esercito di contadini e minatori che seguirono Thomas Müntzer". E' il 1525. Gli spettri di Müntzer, arrivano a Genova, ed arrancando le violenze del decembre 2001, sollevano polvere dal Mito. "Il problema dei miti [...] è che si sclerotizzano facilmente se li diamo per dati. Il flusso di storie deve mantenersi fresco e vivo, dobbiamo raccontarle cambiando anche mezzi, angoli e punti di vista." Questa spinta per nuovi racconti-prospettive impedisce che i miti "induriscano, oscurino ed ostruiscano i nostri cervelli". Sguardo obliquo. E' forse nell'attraversamento - che è presente nello sguardo obliquo - dove ha luogo il movimento. E quindi l'impedimento attivo dell'indurimento del Mito, di cui sopra. Questo è anche il punto di contatto con New Italian Epic (saggio di Wu Ming 1). Lo sguardo obliquo è infatti un carattere della "nebulosa NIE" [con NIE si fa riferimento all'insieme di scritti italiani accumunati da tratti condivisi], una esplorazione di punti di vista. Nelle narrazioni considerate, l'eroe è sghembo, in quanto non è centro d'azione, ma la influenza parzialmente. Quando l'eroe manca all'azione, questa è svolta dalla moltitudine, da cose e luoghi, dal contesto e dal tempo. In questo momento si entra a Genova (anche sulla scorta delle parole dette alla presentazione di Altai a Torino). L'errore nelle giornate del G8, è stato quello di "contribuire" alle violenze di quei giorni. Il motivo: la rigità (sopra raccontata) del Mito. "Il castello assediato" (la sede del G8) è un'apparenza. In quel momento gli assediati sono le persone in protesta. C'è violenza. Molti feriti ed un ragazzo morto. Spettri di Müntzer, che si incontrano ancora lungo le diverse strade percorse. Forse ora: Building, l'idea di partenza, prima della discesa obliqua, è piuttosto la distruzione di un assedio.
Rughe

9.12.09

Spettri di COPENHAGEN

Parte oggi la Conferenza Mondiale sul Clima Cop15 che si propone "l'ambizioso" obiettivo di diminuire la concentrazione di gas di serra nell'atmosfera alfine di contenere l'ormai inevitabile aumento della temperatura globale entro i 2 gradi centigradi, soglia del disastro ambientale planetario. Nelle dichiarazioni ufficiali del Cop 15, si tratta di "stabilizzare l’ammontare di gas serra emessi nell’atmosfera a livelli che impediscano pericolosi cambiamenti climatici per causa umana". Il summit, il 15° organizzato annualmente dalle Nazioni Unite, proverà - nell'intento ufficiale - a trovare le condizioni per un accordo condiviso tra le 192 nazioni partecipanti all'incontro. (InfoAUT)
Si sta spontando qualcuno a Copenhagen. Dovrebbe riuscire a cominciare un laboratorio di incontri contaminato dall'urgenza climatica. E dall'urgenza di una costruzione di discorsi che si raggiungono dai territori coperti dal trattato di Lisbona. (-)

3.12.09

La Pulce nell'Orecchio

Stampella per il corpo infermo dell'uomo-sociale. La rete sociale; o meglio, la capillare proliferazione delle reti sociali. Social Network. Luoghi edificati per l'incontro, la conoscenza tra persone. In questa creazione di habitat relazionali, l'individuo "agisce" nell'incastro di profili, schede biografiche, immagini e cronologie di discorsi. Come si inseriscono il divertimento e l'amicizia in questo meccanismo? Cosa comporta la vicinanza di questi due momenti, con lo spazio-sociale-rete? Il punto-individuo-profilo appare come un nodo della rete. Questo è connesso ad altri punti, incroci, persone. La relazione è dunque un ponte. Semplice canale di contatto. Ciò che si innalza è il punto-nodo-amico. La sommersione della relazione emerge solamente al punto del profilo dell'altro. Il fine diviene l'amicizia, la relazione è il mezzo. Il lungo inanellare di profili situati in raggruppamenti (amici di Verona, amici a Torino, lavoro ecc.) produce in seguito uno strato di rassicurazione. Di amicizia. Di divertimento. Oltre questo momento -io e te- non saremo più in contatto. Stavo parlando.
Qualcuno si è accorto di qualcosa?

3.12.09

3.12.09

WuMING (-Blanc-)

WuMING - La strategia di comunicazione degli zapatisti si basava sul rifiuto dei leader tradizionali che succhiano telecamere. Nei primi giorni del Levantamiento, Marcos dichiarò: "Io non esisto. Non sono che la cornice della finestra"; dopo spiegò che "Marcos" era solo un alias, e che era solo un "subcomandante", un portavoce per gli indigeni. Affermò che tutti potevano essere Marcos, e che questo era il senso dei passamontagna. La rivoluzione non ha volto, perché ha tutti i volti. (Espai en Blanc - Fuerza del Anonimato).
Non si tratta qui di camminare verso un tentativo (poco costruttivo) di definizione e racconto di cos'è WuMING. In altre parole, il collocamento di questo nome in una sfera di sapere e di politica. Un luogo delimitato, confinato. Ma piuttosto è ora pensabile una erranza (passeggiata senza contorni obbligati), un'eruzione dalla vibrazione che WuMING produce, la stessa parola, nell'ascoltatore. E' forse nella "Sovversione nascosta di linguaggio e stile" (New Italian Epic 2.0), e nel collegamento con i passamontagna zapatisti, che si percepisce il riverbero del decentramento della parola in quanto tale. Nel linguaggio, nel romanzo NIE, la narrazione è alimentata dalla catena lessicale che si muove tra i personaggi del racconto. Questi vengono attraversati dalle parole, le parole vi si depositano per poi scomparire (completamente). Alla svolta successiva e dietro il passamontagna. Si apre qui, cammuffato - il "nascosta" della sovversione in linguaggio e stile - uno spazio di anonimato. Corridoio stretto che è insieme cornice-raccordo-limite-parte della "finestra" di Marcos. Qui, in questo limitare-compreso, riverbera la presenza di WuMING. Nonsi tratta di una posizione statica. Accade già un "a-zonzo: in cui si coglie qualcosa di intollerabile, di insopportabile." Altai.
Rughe

3.12.09

Delirio Notturno

Riflessioni di una persona (in)cosciente

Vivere è un lavoro. La società di oggi, se vuoi "vivere" al suo interno, ti fa pesare così tanto il semplice fatto di "vivere" da fartelo affrontare come un lavoro. Un lavoro a tempo pieno, senza pause pranzo e ferie. L'unica via d'uscita è il licenziamento o il TFR, senza però nessun assegno di disoccupazione o pensione.
Vivere è un lavoro e a non tutti piace perchè il più delle volte è un lavoro alienante, non da grandi gratifiche e ha molteplici "direttori" a cui far riferimento.
Cos'è allora ciò che ti fa andare avanti con la tua situazione lavorativa? Le piccole cose. Sono le piccole cose che ti fanno sentire meno pesante il lavoro. Il sorriso d'intesa con uno sconosciuto, l'abbraccio di un amico, la condivisione del silenzio con la persona amata... Piccole cose appunto ma, sono quelle le cose realmente importanti. Il semplice sentirsi apprezzati da qualcuno anche un singolo istante della giornata, un singolo secondo del tuo lavoro, un frammento della tua vita.
Matte

3.12.09

Il silenzio dei Coen

La colonna sonora è un elemento fondamentale in un film, la musica lo aiuta a rendere partecipe lo spettatore, sottolinea i momenti cruciali della storia e caratterizza le emozioni che deve muovere in chi lo guarda. Cosa succede se viene tolta la musica da un film? In alcuni casi abbiamo immagini e sonoro talmente legati tra di loro che l’ascolto dell’uno rimanda immediatamente all’altro, e viceversa ovviamente. Per questo capita di rado che non ci sia nessun tipo di accompagnamento musicale in una pellicola.“Non è un paese per vecchi” dei fratelli Coen è invece un’eccezione. Qui non si sente alcuna musica a far compagnia alle immagini, si nota quasi subito ma in realtà non è così automatico accorgersene. Perché ci si rende conto che qualcosa c’è di diverso, si “sente” che manca qualcosa. Credo, che questa assenza della musica sia talmente ben mascherata dall’impostazione visiva del film che non se ne sente la mancanza. C’è una poesia e un armonia nelle riprese, nella luminosità delle immagini, nelle stesse inquadrature tali che le immagini accompagnano sé stesse. I dialoghi e le voci sono la colonna sonora di un film che, a mio modesto parere, fa dell’occhio il senso cruciale dell’esperienza. Un esempio su tutti: la sequenza iniziale. Una serie di campi lunghi che come in un romanzo realista, contestualizzano la storia, nessuna musica nessun rumore. La colonna sonora non serve, i tramonti, il deserto, la natura non necessitano di enfasi, sono perfette nel loro silenzio. Per concludere, i fratelli Coen, insieme ai loro collaboratori, hanno creato un capolavoro in cui le emozioni sono trasmesse attraverso le sole immagini, il tutto contestualizzato nell’assoluto realismo di un documentario.
Elio

3.12.09

Fascisti su Marte

Torino. Stare seduta in università. Leggere Dostoevskij. Sentire attraverso le cuffie “fuori i fascisti dall’Università”, “siamo tutti Anti-fascisti”. Alzare lo sguardo e vedere uno striscione “Fascisti su Marte”. Questa è stata la reazione spontanea e immediata alla presenza di un gruppetto di giovani del FUAN – Azione universitaria che distribuivano volantini nell’atrio di Palazzo Nuovo raccogliendo firme per aumentare di due ore l’apertura della segreteria studenti. I ragazzi si sono mobilitati subito distribuendo volantini (http://www.infoaut.org/torino/articolo/no-ai-tagli-del-minstro-gelmini-no-ai-suoi-scagnozzi-fuan) e improvvisando un corteo. Risultato: fuori FUAN dall’Università..sono volati qualche mani, piedi, insulti...groviglio di corpi in tensione tra espulsione e tentativo di resistenza! Dall’orizzonte iniziano a sbucare caschi azzurrini, divise, manganelli e scudi. Eccoli, si fermano sul primo scalino. Continua la contestazione. Alla fine i piccoli caschi azzurri voltano le spalle e scendono le scale, temporeggiano ma alla fine girano l’angolo. Torna la quiete. Prima della tempesta? Qualcosa si muove…
Solide

1.12.09

La Pulce nell'Orecchio

Fantasmi in facoltà, luci accese in università anche ad orari improponibili della notte tutti i giorni della settimana, week-end incluso.
Io ho la fortuna di abitare di fronte al Polo Zanotto e dalla finestra della mia camera ho un bellissimo panorama, l'università. Grazie a ciò mi sono accorto che spesso e volentieri le luci della facoltà sono accese. Per chi? Non si sa. Può essere che le luci vengano accesa dagli addetti alla sicurezza, come accade in Frinzi, però le luci ad univr restano accese diverse ore.
Magari ci vive dentro qualcuno? O semplicemente l'ultimo che esce dalla struttura universitaria dimentica di spegnere le luci. Comunque sia alla faccia dello spreco. Immagino l'ammontare delle bollette, bollette che paghiamo noi con le nostre tasse universitarie. Mazzucco potrebbe delucidarsi sul fatto che ci sia bisgno di accendere le luci della struttura universitaria anche di notte?
Qualcuno si è accorto di qualcosa?

1.12.09

NO B-Day

Un asino che si morde la coda

Alla fine ci siamo arrivati. Sembrava non dovessimo arrivarci mai, invece ci siamo. Sabato 5 dicembre ci sarà la manifestazione NO B DAY e sempre più spesso, mi trovo nell’imbarazzante situazione che ora racconto.
Aperitivo: si parla del più e del meno: inevitabilmente si finisce a parlare di politica: si prova a discutere di varie cose, poi arriva la domanda/ingiunzione.
Beh, allora tutti al NO B DAY?!
Io, non so che rispondere. Da come posta dal mio interlocutore sembra che il NO B DAY sia l’unica alternativa alla poltica sfascia-società dell’attuale governo. Eppure io non la penso per nulla così. Allora mi chiedo, che fare? Bevo un goccio di spritz e sorrido. Tento di eludere la domanda con altrettante domande del tipo, tu vai?, oppure, ma sai se pioverà a Roma sabato?, ma poi mi tocca rispondere. Mi tocca dire come la penso e mi tocca correre il rischio di vedere l’altro che arriccia il naso, mi guarda con sospetto e nel frattempo pensa con disprezzo: questo è del PD.
No, dico, non verrò al NO B DAY, perché penso che sia una cazzata.
A questo punto, però, bisogna spiegare.
Personalmente, non parteciperò a questa manifestazione per varie ragioni. Innanzitutto, credo che dietro a questa impalcatura, tenuta in piedi dall’antiberlusconismo, si nasconde la pochezza di pensiero assassina della sinistra italiana. Nel momento in cui, ci si unisce contro un nemico comune, il quale, non è nemmeno un’idea, ma una persona, significa che i contenuti politici sono svaniti. Non per niente, anzi, è proprio emblematico di ciò, il partito più in vista in questo compito è l’Italia dei Valori, ovvero un partito propugnatore di un giustizialismo che nemmeno AN dei tempi d’oro. Secondo, ritengo che si debba iniziare a fare un’analisi discorsiva di ciò di cui si parla. Sia che si dica, io amo Silvio Berlusconi, sia che si dica, io odio Silvio Berlusconi, alla fine si giunge al medesimo risultato: io parlo di Silvio Berlusconi. Questo modo di fare politica, incentrato sulle persone e non sulle azioni del governo, questo tipo di politica più interessato a fatti giudiziari e matrimoniali del singolo, che non a ciò che il governo fa, è fallimentare in partenza, in quanto, alla fine, fa ruotare tutto attorno ad una sola persona e ciò che questa fa. In questo modo, però, non arriva ad altri risultati se non la costruzione di una realtà nella quale l’unica domanda, quella che definisce l’identità politica di una persona è se questa sia a favore o contro Silvio Berlusconi. Ovviamente, tutto ciò genera un circolo vizioso con il punto uno, facendo diventare l’opposizione - parlamentare e non - come un asino con la carota attaccata alla coda: ruota continuamente su se stesso, senza mai riuscire a prenderla.
Per queste ragioni, quindi, non parteciperò al NO B DAY, perché la ritengo una parata priva di contenuti, che non fa altro che andare a nascondere gli immensi problemi della nostra società: respingimenti, carceri sovraffollate, precariato, mancanza di fondi welfare, privatizzazione dell’acqua,…e come si dice, la lista può continuare a lungo.
Alessandro Busi

1.12.09

Pugnedere


Torino, continua il cammino in piazza Castello, alle spalle delle percussioni che suonano al termine della via delle istallazioni rosse, Garibaldi. Ci sono dei cartelli bianchi sulla sinistra. In ognuno un nome (alcuni tuttavia restano anonimi). Traspare l'età, qualche altro segno dell'identità di chi è trascritto in caratteri neri sul bianco della carta. Detenuti, ritenuti a causa del possesso di sostanze. Poi l'epigrafe che parla di qualcuno che smette di esserci. Sono tutti quei cartelli a parlare di morti. Ed è pesante.
Trascrivo qui alcune parole di Dario Malventi ed Alvaro Garreaud, in Espai en Blanc, Vida y Politica.
"La tua prigione è il possibile. Agorà penale. Il nostro punto di partenza è la mutilazione. Crediamo che i meccanismi del carcere siano il prolungamento di una mutilazione anteriore all'incarceramento, gli stessi che agiscono nel mercato del lavoro, nei quartieri, nelle relazioni sociali, quelli che stabiliscono la differenza di classe.
Lo stato incorpora tutta la società in un istituzionalizzazione della guerra nella sua economia politica di governo. In questo passaggio il carcere, aperto e chiuso, opera come laboratorio di costruzione di concetti operativi sull'umano, conseguenza di una iperproduzione di relazioni sociali asimmetriche. Un'umanità sacrificabile (dell'esclusione, degli illegali) ed una intoccabile (degli inclusi, i legali). Due umanità quindi, risultato di un processo di militarizzazione della vita sociale e della socializzazione della vita militare. Una mutazione che circola come dispositivi di governo, come moduli di isolamento, come estensione del controllo fuori delle mura attraverso i programmi di re-inserimento."
Il cammino in piazza si alimenta di un discorso sulle carceri, nelle carceri, nato nell'incontro con un detenuto spagnolo. Il suo caso era stato dimenticato, il giudizio sospeso, mentre lui rimaneva recluso. per ottenere la parola, la possibilità di un discorso momentaneo, decise di tagliarsi il mignolo di una mano. La mutilazione si ripeté ad un anno di distanza. Ottenne nuovamente l'apertura del canale comunicativo dalla sua cella. La sua detenzione venne in conseguenza ridimensionata. Dopo la parola.
Così, camminando lungo i nomi dei detenuti-morti, in piazza Castello, rimane una forma di parola, il racconto biografico delle epigrafi.
Pugnedere è un contagio di cartelli.
Rughe

1.12.09

Mai Più [No we can't]


Torino, piazza Castello, sabato pomeriggio. Poco al di fuori delle istallazioni rosse di via Garibaldi, lo striscione Mai Più. Ci sono persone che agitano percussioni. E dopo, le persone di Polvere. Si tratta di un mensile, gli scrittori dietro il tavolo del presidio. Il punto di contatto è l'agitazione per la depenalizzazione(informazione) delle sostanze. Nel martellare dei tamburi, scivola la prima pagina della rivista.
"Pensando alla parola d'ordine usata da Obama nella sua campagna elettorale "Yes We Can" può succedere che si dipinga un sorriso amaro sulle labbra e cresca la rabbia... Si possiamo...
Possiamo farci massacrare e ammazzare perché trovati in possesso di qualche grammo di haschish.
Possiamo perdere il nostro posto di lavoro, e se cerchiamo di presidiarlo, essere pestati e maltrattati da vere e proprie squadracce al soldo del padrone (un deja-vu in questo paese).
Possiamo essere sbattuti fuori dalle case occupate che da anni fanno parte della nostra geografia e della nostra storia cittadina e che rappresentano i pochi luoghi dove le persone posso incontrarsi e condividere spazi, pensieri, culture, in un territorio che diventa ogni giorno di più un deserto relazionale.
Possiamo farci rimbambire da un'informazione sempre più di parte, servile e senza coraggio.
Possiamo farci sbattere in lager circondati da filo spinato e sorvegliati da guardie armate, rimanendoci per mesi solo perché siamo nati nel sud del mondo e soprattutto siamo poveri.
Possiamo essere discriminati per razza, genere e credo religioso.
Possiamo essere fermati con una pistola puntata alla testa perché casualmente incappati in una eroica azione di polizia (pulizia etnica?).
Possiamo sopportare in silenzio lo smantellamento di ogni minima garanzia sociale, istruzione, sanità, casa, lavoro.
Possiamo tollerare lo sperpero di fiumi di denaro per trasformare le strade delle nostre città in zone di guerra dei ricchi contro i poveri, riempiendole di militari , agenti in armi, ronde e vigilantes."
No+
Lasciateci entrare nei CIE