Polo Zanotto dell'Università di Verona, lunedì 16.11, ore 17.30: Feltri e Tosi intervistati da Stefano Lorenzetto, del quale l'invito tace e ruolo e collocazione (è un giornalista, lavora nello stesso Giornale di cui Feltri è direttore!). Da lui, da questo giornalista ex di Arena, a cui dobbiamo il Nuovo veronese e Telenuovo, si ascolta l'illuminante analisi proemiale: i due intervistati, famosissimi fra tutti, per i modi ruvidi e diretti, hanno da tutti riconosciuto il carisma della normalità. Questo, che ai miei tempi si diceva ossimoro, e che ha dell'inquietante, per come è veridico, è tutto quanto sentiamo dire sul clima di rissa italica, a cui allude il titolo dell'incontro.
Ma insomma, vietato andare per sofismi! siamo come in famiglia: alla faccia del luogo ospitante, che, fino a prova contraria, è luogo di ricerca e di confronto, oltretutto pagato con i soldi degli studenti. Ma di studenti se ne vedono pochissimi. In compenso, l'aula si riempie dei popoli leghista e berlusconiano (persino un infante al collo della mamma, rampolla della famiglia di bottegari del centro storico), popoli convenuti per assistere, fra spassi e applausi, allo spottone elettorale in lode di un moribondo Berlusconi, a detta di Feltri, capo unico di un partito e di un paese privo di uomini alternativi e di pratiche di democrazia.
Eppure, l'organizzatore dell'Assimp (imprend. e professionisti associati) ci aveva assicurato che l'incontro era proteso alla ricerca del dialogo, essendo loro animati da zelo per un'Italia normale.
Risponde il Rettore, di cui la per la si erano dimenticati (ah, l'inconscio com'è furbo!), magnificando la riforma universitaria, con due argomenti ferrei: frutto di un accordo con la conferenza dei rettori (un organismo privato, ve lo ricordo!); riporta l'Italia al moderno, al così fan tutte (le università del mondo).
E‚ è da chiedersi quale università del mondo avrebbe ospitato un incontro elettorale di così basso profilo, monotono e monocorde: anzi, repellente e basta.
Di solito, i rettori di tutto il mondo, ai convegni scientifici organizzati dai docenti, un saluto e via. Invece il Magnifico Mazzucco rimane fino alle 19.07.
Evidentemente, c'era da imparare. Imparare da Feltri, che si dice puttane e non escort, via!. Che la magistratura è un partito (spassosa, nella sua indecenza, l'imitazione del magistrato meridionale e fannullone), che Berlusconi non può farsi processare, e tanto più perché prima, quando non era un politico esposto, la magistratura l'ha sempre lasciato in pace, e tanto più perché sta governando bene. I nemici? Fini e la sinistra, un tormentone che libera gli astanti dall'angoscia del pericolo incombente sul leader. Risate, applausi a ogni evocazione; ride in continuazione anche il Sindaco (lui, invece, si sta liberando dall'emozione: si, ripetutamente si dice emozionato dalla vicinanza di cotanto Feltri, e gli trema pure la voce). Il rettore era ben presente quando il Feltri ha detto che a lui e al suo giornale non risultano morti. Che morti? Quelli che si dice che non arrivano alla fine del mese. Se uno non arriva alla fine del mese, muore. O no?
E Cosentino? A parte che Cosentino dovrebbe finire sotto il tiro della magistratura, solo perché si propone come presidente di una regione come la Campania... Capisce al volo il popolo presente, e si lancia in una ovazione.
E Veronica? Veronica parla con Repubblica, invece che con il marito. Pertanto, Berlusconi (per la proprietà transitiva o transattiva?) è andato a letto con l'opposizione.
Evidentemente c'era da imparare. Anche Tosi ha dato a suo modo lezioni.
Tosi, eh lui invece sa tutto di tempi modi vita morte e nonmiracoli del penale e del civile. La sua condanna? ma per una raccolta di firme, via. E poi il popolo, la gente, lo ha premiato col voto, respingendo la condanna. Testualmente dice: "non è stata compresa" (la condanna). Lui, diversamente dai tribunali, fissa un appuntamento in due settimane, ai cittadini. E poi il Berlusconi, ponga la fiducia su certe cose, e vada avanti. E poi caldeggia la riforma della magistratura, che risponda a un soggetto terzo (di grazia a chi, visto che non vuoi né parlamento, né altri organismi politici?).
Vi risparmio tutto il resto. Ma sottolineo che a metà incontro, alla vista di studentesse e studenti sedutisi nel frattempo sugli scalini, il popolo a me intorno comincia con insulti e provocazioni, ben udibili da parte della Digos che li stazionava. Cerchiamo di resistere a molte provocazioni.
Quando gli studenti vanno, previo invito, a prendere parte al dibattito, e cominciano con le domande e aprono uno striscione, scoppia il finimondo. Sento un ragazzino, col giubbettino giusto e genitori al fianco, gridare "avanzo di galera"‚ all'indirizzo del Manu che non riesce a prendere la parola; lo redarguisco forte, sperando che la Digos, a quel punto presente in massa, mi senta. Lui rincara. Boati fischi minacce. I ragazzi le ragazze non riescono a parlare. E' pieno di Digos, un carabiniere sparuto, lo staff di Tosi. Finisce che io ho paura per la nostra incolumità fisica, e prego tutti di restare uniti. Non vedo un collega (mi pareva che almeno uno ce ne fosse), un volto amico. Niente, solo urla, e la Digos che vuole i documenti, e non sa spiegare perché. Resistiamo, ci portino in questura, la polizia che viene in università e che impedisce agli studenti di fare domande! Prima il dileggio di un incontro che suona offesa al buon gusto e all'intelligenza, e poi la repressione, a noi che eravamo stati in silenzio e buoni. Alla fine, non poteva che esserci quella contestazione li, giusto quella che le ragazze e i ragazzi hanno fatto, con modi più che civili, ma incisivi.
Finisce alla grande. Tosi, a cui volevano fare le domande, si ferma e gioca al piacione, placa la Digos come fossero suoi cagnolini. Manu, e qui lo cito perché è stato coraggioso e lucido e generoso, gli ripropone, con una studentessa, le domande sulla mafia e Berlusconi. Risponde. Puntiglioso, documentato, spietato, ironico e autoironico, il Manu chiede dell'omicidio Tommasoli: è o no maturato quel delitto entro una humus propizia, la destrorsa violenta città di Verona, con cui il sindaco si è sentito in obbligo di sfilare? Tosi ripropone il suo ritornello sugli idioti solitari, e gli scappa di andare via. Fugge. Forse ha sentito che serpeggiava tra noi anche un'altra parola fatidica: Traforo.
Nessuno pretende più di riconoscerci o di portarci in questura. Ma Bolis, l'uomo dal profilo scolpito nella cirrosi (per caso beve, o lavora troppo? E Tosi, che cera ha, di nocciolato toblerone andato a male), ma Bolis torna indietro e ci stuzzica, in solitaria. Si sente dire il vero: che il sindaco non ha risposto alla domanda, se Nicola Tommasoli sia morto per mano di una città destra e violenta che lo ha per sindaco.
Bisogna ripartire da qui, da questo che hanno fatto le ragazze e i ragazzi di una università che un tempo segnalava per tempo i guasti del mondo intorno, e ora li ospita al suo interno, senza che nessuno fiati.
Lasciatemi dire che hanno fatto di meglio e di più, con un coraggio una rabbia una determinazione una lucidità che mi fanno pensare che non tutto sia perduto.
Per questo, con le lacrime agli occhi, gli dico un'altra volta grazie.
Un grazie anche al bidello, che si è sentito dentro fremere la nostra stessa indignazione.
Cristina Stevanoni